Prospettografi

Precedute da numerose sperimentazioni sulle ombre e sulla propagazione della luce, le prime “macchine per disegnare”, che sfruttano anche conoscenze acquisite nell'uso di svariate tecniche “per misurare con la vista”, appaiono durante il XV secolo. All'inizio, si caratterizzano soprattutto come strumenti dimostrativi, illustrando i principi base della prospettiva centrale. In tal modo, testimoniano il raggiungimento di una tappa fondamentale nell'elaborazione di una teoria geometrica della pittura. Malgrado qualche diffidenza (come quella espressa da Leonardo nel Trattato della Pittura), queste macchine hanno giocato un ruolo importante anche nella produzione di opere d'arte.

Fra i motivi dell'enorme fortuna riscossa dai prospettografi c'è senza dubbio il fatto che le regole geometriche su cui si basa la realizzazione di uno scorcio (per esempio, la “costruzione legittima” o quella che utilizza il “punto di distanza”) risultano di difficile impiego quando il soggetto da ritrarre si presenta complesso. Nel caso di paesaggi, animali, figure umane, corpi con superfici curve tali regole impongono di tracciare una gran quantità di “linee morte”, aumentando così i tempi di esecuzione congiuntamente al fatto che il quadro si sporca eccessivamente.

“Lo strumento prospettico per eccellenza”, descritto per la prima volta nella “Geometria” del Dürer insieme al vetro e alla griglia (quest’ultima aveva probabilmente tratto origine dall'attività dei cartografi) e perfezionato in seguito dal Danti , “si può considerare lo sportello, che per la prima volta traduce meccanicamente tutti i parametri della costruzione prospettica: l'occhio che è un chiodo, il raggio visivo che è un filo, e il quadro che è un piano descritto dall'intersezione di due fili all'interno di un telaio” (F.Camerota, 2001). Inoltre, gli operatori non devono possedere particolari conoscenze geometriche e non sono vincolati al “punto di vista”. Il processo storico porta gradualmente verso l'automatizzazione delle operazioni prospettiche (limitata a quella parte della pittura che Piero della Francesca chiamava “disegno”, lasciando da parte i problemi posti dalla “prospettiva aerea”, la cui soluzione non si può meccanizzare né codificare in norme precise). All'inizio del XVII secolo, le invenzioni del Cigoli e dello Scheiner definiscono ormai “i tipi principali di strumenti automatici per la prospettiva. Tutte le successive macchine per scorciare possono essere poste più o meno direttamente in relazione con queste due” (M. Kemp).

Nel loro complesso i prospettografi (impiegati anche in astronomia, nell'arte militare e nei rilevamenti topografici) esemplificano assai bene l'integrazione tra geometria, ottica e strumentazione esatta, l'accordo tra ragionamenti astratti e abilità pratica che sono caratteristiche importanti della rivoluzione scientifica. Non rispondevano soltanto ad esigenze pratiche, ma esaltavano l'importanza delle proporzioni e della matematica nel mondo naturale, inserendosi in una visione organica e unitaria del cosmo fondata appunto sulla geometria. Erano fonte di orgoglio intellettuale e dimostravano la capacità dell'uomo moderno di superare gli antichi. Inoltre, dando rappresentazioni concrete dell'infinito (con i “punti di concorso” e la “linea dell'orizzonte”) contribuirono a configurare nuovi spazi per il pensiero matematico.

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