Curvigrafi

La collezione di tracciatori qui esposta contiene un numero ristretto di strumenti, ma copre un arco di tempo assai vasto: dall'epoca alessandrina (alcuni ellissografi, il compasso di Nicomede ecc.) fino al secolo scorso (per esempio i biellismi del Delaunay). Molti fra i meccanismi più recenti si servono di trasformazioni. Di solito, invece, i meccanismi più antichi generano le curve in base a qualche specifica proprietà che le caratterizza come luoghi geometrici. Ognuno di essi (o, se si tratta di meccanismi flessibili, ognuna delle sue particolari "attrezzature") ha dunque legami precisi con l'oggetto che produce, ne "rappresenta", per dir così, la "natura" (la convinzione, ereditata dalla geometria classica, che le curve abbiano una "natura" entra in crisi esplicita solo nell' 800). Oggi un computer può disegnare tutte le curve (quindi non ne rappresenta più alcuna) proprio in quanto, considerandole come grafici di una relazione numerica tra insiemi, prescinde dalle loro specifiche proprietà geometriche. Non sempre a curve elementari corrispondono meccanismi tracciatori semplici (e viceversa). Un esempio famoso è quello della retta. Di solito, un segmento si disegna o ricopiando il bordo rettilineo di una riga, o piegando un foglio di carta, o tendendo un filo tra due punti. Ma è difficile imporre a una punta scrivente traiettorie rettilinee mediante leggi incorporate nel meccanismo di guida. Il problema (imposto nell' 800 ai matematici dagli sviluppi della ingegneria meccanica) fu risolto per la prima volta in modo rigoroso ricorrendo a una trasformazione quadratica (Peaucellier). Molti tracciatori di curve ideati dai matematici (Cartesio, MacLaurin ad es.) e soprattutto molti di quelli cui si riferiscono i teoremi generali sui tracciatori (Kempe-Koenigs, De La Hire-Cauchy ad es.) non possono in realtà essere costruiti (attriti eccessivi, numero di componenti troppo elevato). Esiste, nei rapporti tra strumentazioni meccaniche e costruzioni astratte, una specie di "doppio movimento": da un lato la matematica tende a ritrarsi dalla realtà, usa spesso "macchine mentali" (la cui funzione nella teoria non è affatto legata a una loro eventuale esistenza fisica); dall'altro, molti dispositivi fisici o meccanici rivelano che nella matematica agisce la volontà di realizzare concretamente, di vedere (e non solo con gli occhi della mente) ciò che in modo indipendente dai sensi è stato pensato.

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