La collezione di Macchine Matematiche I

A cura di: Marcello Pergola

1. Introduzione

1.1 Gli scopi della collezione Le "macchine matematiche" conservate nel Museo (strumenti per tracciare curve e risolvere problemi, meccanismi per realizzare trasformazioni, modelli per illustrare teoremi o configurazioni geometriche, ecc.) costituiscono una collezione in corso di ampliamento. Sono state costruite tenendo conto (in modo molto libero) di descrizioni contenute nella letteratura scientifico-tecnica (durante un arco temporale che va dalla Grecia classica fino ai primi del '900) e dopo una serie di esperienze rivolte ad esplorare la possibilità di un loro impiego didattico (v. Monografia ). Proprio la finalizzazione didattica ha finora contribuito a determinare alcuni caratteri della raccolta, in particolare la sua configurazione marcatamente antologica. Tra i numerosi vantaggi offerti dall'uso di queste "macchine" nel processo di apprendimento (suscitano interesse; rafforzano intuizione e immaginazione; consentono di approfondire il rapporto tra modelli matematici e realtà; aiutano a cercare, trovare e scrivere dimostrazioni; mettono in contatto diretto con fatti geometrici di tipo nuovo o inconsueto legati al movimento, ecc.) uno soprattutto si è rivelato importante: la loro presenza conduce in modo spontaneo e "naturale" insegnanti e studenti (quindi anche chiunque sia curioso di comprenderne significato e funzioni) ad immergersi in una dimensione storica, a interrogarsi sui rapporti tra matematica, società, cultura. Emergono allora numerosi problemi (le brevi note che seguono ne costituiscono un primo - parziale - elenco); si evita un rischio "ben presente nell'ideologia della professione scientifica: svalutare la storia, distruggere il proprio passato" (v.Bibliografia).

1.2 Modelli reali e modelli virtuali Poiché si tratta di macchine "matematiche" (e in quanto tali vengono proposte) è possibile sostituirle con modelli virtuali (simulazioni tramite computer). Così però dall'analisi del rapporto tra modelli fisici e modelli matematici ci si sposta su quella del rapporto tra due diversi tipi di modelli matematici. Soprattutto da un punto di vista storico-didattico, c'è notevole differenza. Inoltre, la manipolazione fisica di oggetti tridimensionali è molto più ricca di contenuto e di stimoli (ed è anche il presupposto) di ogni simulazione. Meglio allora affiancare modelli virtuali e modelli reali, in modo da consentire l'osservazione di entrambi.

1.3 Scienza e tecnologia Come ogni scienza particolare, anche la matematica è rivolta "ad un determinato ambito dell'essente, già disponibile in una qualche forma prescientifica di accesso e di rapporto". In tale ambito resta "prigioniera": ma nel confronto continuo con altre scienze e altre attività essa progressivamente differenzia, precisa, arricchisce temi, metodi e linguaggi, dà senso ai suoi programmi di ricerca (Bibliografia#HEID). Di ciò, tutti gli oggetti qui raccolti costituiscono un esempio significativo. Sia quando utilizzati dai "pratici", sia quando inseriti come disegni o progetti (questi ultimi a volte appena abbozzati) entro costruzioni astratte, essi hanno intrattenuto relazioni articolate e complesse con forme di concettualizzazione e contenuti della conoscenza matematica. Benché profondamente diversi, per la loro fisicità, dagli "oggetti matematici", sono a questi contigui, ne accompagnano crescita e cambiamento. In modo simmetrico, le comunità dei matematici si configurano in ogni epoca come ben distinte da quelle (artigiani, ingegneri, artisti, mercanti ecc.) che hanno prodotto sistemi tecnici; ma entrambe sono avvolte da una fitta rete di comunicazioni e di scambi (senza che ciò ne intacchi l'autonomia o tolga possibilità di conflitto). Macchine e strumenti costituiscono uno dei piani di contatto (o di "frizione") tra scienza e tecnologia, entro i quali ha preso forma la tendenza a ricercare un punto di equilibrio con la progressiva riduzione dell'una e dell'altra a linguaggio, e attraverso i quali realtà non scientifiche possono influire sul pensiero scientifico formalizzato.

1.4 Macchine e geometria Certo, una collezione centrata sulla geometria ritaglia - nell'immenso universo delle macchine - regioni particolarissime: tuttavia illustra - in tale ambito ristretto - vicende storiche più generali. Mette in evidenza alcuni dei fili con cui il pensiero matematico (che non può essere interamente ricondotto al mondo sensibile) si è comunque sempre vincolato ad attività (operazioni) concrete, e seguita a svilupparsi (specie in alcuni settori) su un intreccio forte tra aspetti strumentali e aspetti teorici. La matematica può essere pensata, nel suo fondamento, come pura volontà di dire; ma in essa agisce la "costrizione empirica" a visualizzare fisicamente, concretamente ciò che l'immaginazione ha costruito, gli "occhi della mente" hanno potuto vedere, la parola e il segno esprimere (Bibliografia#AGAM) (Bibliografia#CAC1​).

2. Alcuni temi culturali

2.1 Introduzione I modelli o gli strumenti catalogati coprono un periodo di tempo troppo ampio per poterli osservare e studiare tutti col medesimo sguardo. Benchè solo in casi eccezionali siano mezzi di produzione (in quanto macchine "matematiche" il loro obiettivo principale è infatti incorporare, render visibile una legge, uno schema astratto) anche in essi si riflettono alcuni cambiamenti di fortissima rilevanza che hanno caratterizzato l'evoluzione generale del concetto di macchina. Occorre almeno ricordare: il passaggio dalle macchine intese come organismi artificiali (a volte con connotazioni magiche), a quelle in cui la distinzione tra "naturale" e "artificiale" è attenuata o scomparsa (meccanicismo di derivazione cartesiana); dalle macchine progettate globalmente e costruite come "pezzi unici" per opera di artigiani abili e colti (certamente non isolati ma agenti in fondo come "solisti") a quelle scomposte analiticamente in "parti costituenti intercambiabili" (passaggio, quest'ultimo, che trova le sue radici negli accuratissimi disegni degli ingegneri rinascimentali); la scoperta della contraddizione "fra precisione necessaria alla costruzione delle macchine e macchine necessarie a fabbricare pezzi sufficientemente precisi"; infine, la separazione tra struttura fisica e struttura concettuale delle macchine (risultato fondamentale della "grande geometria" sviluppata nei primi anni dell' Ottocento: Monge e Poncelet i nomi più noti) (Bibliografia#EEMA).

Diamo ora qualche rapida indicazione su altri temi che sarà necessario approfondire perchè appaia, in modo sufficientemente chiaro e articolato, la rete di connessioni che lega allo sviluppo storico della scienza e delle idee il complesso dei materiali raccolti.

2.2 L'antichità classica E' noto (Bibliografia#RUSS) che nella geometria di Euclide (e in tutta quella dell'epoca alessandrina) riga e compasso sono (in assenza di tecniche numeriche) gli "strumenti di calcolo" più precisi e affidabili per risolvere problemi. La teoria sviluppa un modello matematico delle attività eseguibili con tali strumenti. Si vincola quindi a rigorosi canoni di scientificità: la costruibilità (con riga e compasso) è il criterio di esistenza per gli oggetti geometrici; il concetto di infinito è ammissibile solo in quanto ridotto a procedure iterative eseguibili e ben controllate. Tuttavia, la richiesta di costruibilità riguarda unicamente l'esistenza dell'oggetto: le sue proprietà (cioè le verità geometriche) sono trovate, non costruite (convinzione che si conserva a lungo tra i matematici, anche in epoca moderna).Sappiamo che la geometria greca ha conosciuto anche strumenti o "meccanismi" diversi dalla riga e dal compasso; ha considerato però in generale come "provvisorie" le soluzioni fornite da questi nuovi congegni meccanici per alcuni tipi di problemi, studiato con metodi classici gli oggetti da essi generati, e sviluppato comunque una profonda diffidenza nei confronti dei moti "nel tempo" (ad esempio, i moti "sincronizzati": si pensi alla generazione della quadratrice di Ippia-Dinostrato, implicante necessariamente un controllo temporale). In questa scelta teorica confluiscono senza dubbio sia la scarsa considerazione che i filosofi greci avevano per le attività pratiche (in un celebre passo della "Vita di Marcello" Plutarco attribuisce a Platone la condanna dei metodi meccanici che contaminano la "purezza" del discorso geometrico) (Bibliografia), sia l'influenza esercitata dal pensiero di Aristotele: vietando la commistione tra "generi" diversi, questo pensiero si è configurato per lungo tempo come un pesante ostacolo epistemologico alla costruzione di concetti implicanti il confronto diretto tra spazio e tempo, o il rapporto tra grandezze non omogenee, o la "fusione" di moti distinti e non confrontabili (composizione dei movimenti in senso moderno).Così viene progressivamente codificata la separazione tra geometria e meccanica, caratteristica del pensiero greco.Questo contribuisce a spiegare perchè (ad esempio nella teoria delle coniche) il metodo delle "sezioni" sia preferito ad altre tecniche di generazione (pur note e possibili); perchè l'ottica sia trattata come teoria geometrica pura (modello matematico della visione) (Bibliografia); perchè un netto privilegio sia stato concesso a quella che noi ora chiamiamo "statica" (da cui Archimede ricava un metodo euristico famoso) (Bibliografia).

2.3 La ripresa moderna Quando, nel '500 e nel '600, gli studi matematici hanno una energica e diffusa ripresa (anche per opera degli umanisti, che scoprono e diffondono i trattati scientifici antichi, e soprattutto riaccendono l'interesse per la matematica attraverso il recupero di Platone e le interpretazioni date alla sua opera) lo spazio culturale è ancora caratterizzato da forme di pensiero radicate nella tradizione scolastica medievale (la quale - va ricordato - si presenta già con una grande articolazione di posizioni diverse, dibattiti, fermenti critici). Alcune importanti novità (che trovano per lo più origine in ambienti estranei alle istituzioni della cultura "ufficiale") acuiscono e introducono in esso ulteriori tensioni e contrasti, assumendo gradualmente forza decisiva nel processo di trasformazione del pensiero scientifico (in particolare di quello matematico).

2.4 Elementi di novità: l'algebra Osserviamo intanto che in quell'epoca la geometria riprende a svilupparsi intrattenendo e mantenendo con la realtà fisica legami assai più stretti di quelli presenti nella geometria alessandrina. C'è una persistente difficoltà a comprendere il carattere di "modello" della geometria euclidea, ad accettare (o almeno ad apprezzare) il "costruttivismo" euclideo. In particolare, viene giudicata inutile (e comunque "riformulabile" in modo più intuitivo e "concreto") (Bibliografia) la fondazione euclidea del concetto di rapporto fra grandezze. In questo contesto si produce l'incontro con l'algebra. Sviluppata a contatto con la nuova realtà delle attività commerciali, produttive e costruttive in espansione, coltivata quindi tra i pratici e nelle scuole d'abaco ben più che nelle Università, l'algebra porta con sè (oltre a innovazioni linguistiche e tecniche difficilmente sopravvalutabili) una mentalità più spregiudicata ed aperta, un modo diverso di strutturare i ragionamenti. Da un lato, l'algebra fornisce un mezzo potente per semplificare l'esposizione delle prove e le tecniche deduttive nel momento in cui (conclusa la fase della "soggezione" ai classici, della "imitazione") il pensiero rinascimentale è tutto impegnato nello sforzo di dimostrare la propria superiorità sugli antichi, la propria capacità innovativa. (Anche in seguito, nella letteratura matematica del '600, ricorre spesso la critica di "eccessiva complessità" rivolta ai geometri del passato, le cui argomentazioni sono sempre sostituite con altre dichiarate "nuove" e più "facili"). Dall'altro, l'algebra contribuisce fin dall'inizio in modo decisivo alla (lentissima) maturazione della consapevolezza che le espressioni matematiche hanno carattere formale, che la matematica è un linguaggio costruito artificialmente, non un inventario di oggetti e delle loro proprietà assolute, ma un insieme di relazioni. Indubbiamente, l'immaginario dei matematici rimane ancora per molto tempo "geometrico": il processo di aritmetizzazione delle teorie (si pensi, in particolare, alla teoria delle coniche) è tuttavia - dopo Cartesio - piuttosto rapido. Lo "stile analitico", dapprima complementare (o integrato) a quello "sintetico", in seguito si autonomizza ed elabora propri (e più elastici) criteri di rigore. Si può documentare che l'uso delle macchine (in particolare l'esperienza accumulata disegnando curve mediante strumenti) "ha avuto un ruolo di fondamentale importanza nello sviluppo storico e teorico della geometria analitica, del simbolismo algebrico, del calcolo, del concetto di funzione" (Bibliografia).

2.5 Elementi di novità: la prospettiva Un'altra importante novità è legata alle tecniche di rappresentazione "in piano" dello spazio tridimensionale (prospettiva, procedure grafiche per il taglio delle pietre) studiate e sviluppate per la maggior parte tra il XV° e XVI° secolo nelle botteghe degli artisti e nei cantieri civili e militari.Il successo della prospettiva nell'arte del '500, l'importanza che assunse, l'entusiasmo che suscitò hanno ragioni profondamente legate alla cultura del tempo. Nella proiezione, l'immagine risultante è determinata dalla distanza e dalla collocazione di un "punto di vista": questo è in perfetta corrispondenza simbolica con la visione del mondo di un periodo "che aveva inserito una distanza storica - comparabile a quella prospettica - tra se stesso e il passato classico, e aveva collocato la mente umana nel centro dell'universo, proprio come la prospettiva collocava l'occhio al centro della rappresentazione grafica" (Bibliografia). La posizione "frontale" dell'occhio è raccomandata come opportuna nella maggior parte della trattatistica (particolarmente ricca in questo campo) perchè mette in evidenza l'organizzazione matematica dello spazio attraverso l'armonia e la bellezza delle proporzioni, rivelando nel contempo in modo forte la presenza di un soggetto che, attraverso le leggi da cui tale armonia è regolata (e parte egli stesso di tale unitaria armonia) agisce sulla realtà. La potenza dell'artista è analoga a quella del Principe, che sa costruire e mantenere il suo dominio mediante la conoscenza scientifica dei vizi e delle virtù degli uomini, dei modi in cui la fortuna può esser piegata a proprio favore. E' una potenza "laica", tutta calata sulla terra, ma poiché è in grado di "creare", ha una natura paragonabile a quella divina. Così nelle opere del Rinascimento soggetto e oggetto si implicano, anzi l'oggetto (proprio in quanto pensato come oggetto di scienza) è una funzione del soggetto. Esaltazione del soggetto, dunque. Ma la formulazione di un codice ("naturalità", "verosimiglianza", "armonia", ecc.) implica trasgressione. Nella regola è contenuta la possibilità della licenza. Se la pittura umanistico rinascimentale mette l'uomo al centro, l'insinuarsi del dubbio sulla sua effettiva capacità di conoscere e di conoscersi lo può decentrare. Le anamorfosi, le prospettive "stravaganti" (in cui l'occhio dell'artista è fortemente laterale, "fuori campo") non sono soltanto un esercizio, una sperimentazione, una curiosità: sono anche il segno di una crisi filosofica. Mostrano come quelle stesse leggi che regolano armonia e bellezza possono sregolarla o nasconderla. Se la rappresentazione di un oggetto non deve somigliargli affatto perché esso ci appaia così com'è da un opportuno punto di vista, in che modo sarà possibile "fidarsi" di ciò che vediamo? Non è forse il nostro un punto di vista del tutto particolare? Anche se la nuova scienza ci permette di raggiungere verità parziali (e cogliere ad esempio l'unità delle coniche come proiezioni anamorfiche del cerchio) chi, se non lo sguardo privilegiato ed "esterno" di Dio, potrà afferrare il tutto, l'insieme? (Pascal). E in uno spazio destrutturato, reso omogeneo dalla molteplicità dei centri (punti di vista) possibili, come può il soggetto non fare i conti con la sua solitudine, nella ricerca del fondamento, del sistema di riferimento, dell'origine di ogni scienza? (Cartesio). L'interesse per la prospettiva ha condizionato notevolmente lo sviluppo della geometria "pura" nel '600. La concettualizzazione matematica delle molteplici attività grafiche legate alla rappresentazione e alla costruzione degli oggetti fisici inizia assai presto e proprio per opera di artisti (Piero della Francesca è uno di questi), alimentata dal contatto con la vivacità dell'ambiente culturale in cui prende avvio: come vedremo meglio in seguito, si autonomizza rapidamente separandosi dalla produzione artistica "alta" e concentrandosi piuttosto sull'esame delle svariate pratiche empiriche correnti e delle strumentazioni meccaniche di appoggio usate nelle "botteghe" di artigiani o artisti famosi. Queste botteghe erano veri e propri laboratori industriali, legati spesso a interessi economici forti che spiegano (almeno in parte) contrasti "teorici" altrimenti difficili da capire (per es. quello che oppone Desargues e Bosse da un lato, Dubreuil, Le Brun, Le Bicheur dall'altro) (Bibliografia). Molte sono le ricerche specialistiche sulle prime sistematizzazioni della geometria proiettiva. Ricordiamo alcune questioni importanti, ancora parzialmente aperte: a) quale è stato il ruolo della geometria greca classica (per es. dei trattati di Apollonio, o dei lemmi sui birapporti sviluppati da Pappo nel libro VII° delle "Collezioni Matematiche") nel processo di sviluppo dei concetti proiettivi? (Bibliografia) (Bibliografia). b) come si affaccia e si impone all'uso dei geometri la nozione di infinito attuale? (Bibliografia). c) quali connessioni tra scienza della prospettiva, tecniche di proiezione cartografica, misurazioni astronomiche, arti militari e - in generale - matematica applicata? d) come spiegare - in questo campo - il "ritardo" della matematica inglese (che tuttavia aveva sviluppato un notevole corpus di conoscenze pratiche) su quella continentale?

In queste vicende la funzione delle macchine è stata duplice: diretta (per esempio, l'analisi, l'ideazione e la costruzione di strumenti "automatici" per il disegno si integra strettamente - come vedremo - alle prime formulazioni rigorose della geometria proiettiva) e indiretta (per esempio, la necessità di descrivere le macchine ha indotto gli studiosi, fin dai primi grandi trattati rinascimentali, allo sviluppo di tecniche per la loro rappresentazione grafica "in piano": strumento molto più efficace rispetto alla parola) (Bibliografia).

2.6 Elementi di novità: la rivalutazione della meccanica Il terzo evento a cui vogliamo accennare è il progressivo rifiuto del concetto aristotelico di scienza che relegava le arti meccaniche fra le attività vili, indegne dell'uomo libero. In questa esposizione schematica lo indichiamo per ultimo: ma occorre ricordare che esso è presupposto per il manifestarsi e il dispiegarsi degli altri due. La rivalutazione delle arti meccaniche (che prende avvio già nel XV° secolo ed è stata oggetto di numerosi studi) (Bibliografia), (Bibliografia), (Bibliografia) si collega alla crescente importanza sociale dei tecnici, alla formazione di una nuova figura di intellettuale (l'artista-ingegnere) entro una progressiva "laicizzazione" della produzione artistica. Fondamentali in questo processo: il ruolo delle corti rinascimentali, che avevano grande capacità di concentrare talenti e si trasformavano spesso in veri e propri centri di ricerca (pittura, architettura civile e militare, apprestamento di feste, costruzione di macchine da guerra, ecc.); lo sviluppo dell'economia mercantile (strumenti per la navigazione, tecniche di calcolo, osservazioni astronomiche); lo scambio di informazioni tra artigiani, artisti, tecnici - dotati spesso di una solida cultura matematica - e scienziati. Si avvia una tendenza a fondere attività artistico-tecniche e conoscenze scientifiche. Si incrina la contrapposizione tra vita attiva e vita contemplativa, la concezione della scienza come contemplazione della verità. In un ideale attivo e collaborativo di conoscenza scientifica, la verità può essere costruita: ci si allontana dal carattere ricettivo delle epistemologie antiche e medievali, inizia a sgretolarsi il muro divisorio tra conoscenza umana e divina. La cultura (che non coincide più con l'orizzonte delle arti liberali) prende coscienza in modo sempre più accentuato dei limiti del mondo antico; gradualmente, anche dei propri: ma questi devono se è possibile (qualche dubbio comincia ad affacciarsi) essere continuamente superati. In questo lungo periodo, l'interesse per le macchine ha avuto molti aspetti: sono considerate a volte come mezzi attivi di padronanza della natura, a volte soltanto come prove di intelligenza e di genialità (molti congegni presenti nei diffusissimi "teatri di macchine", a partire dal '500, sono puramente mentali, in realtà irrealizzabili ) (Bibliografia) (Bibliografia); sono vissute come fattori di prestigio ed emancipazione sociale (soprattutto nel '500, secolo del mecenatismo), oppure inserite e integrate con precise funzioni (esemplificazioni dimostrative, supporto intuitivo, mezzo euristico) entro costruzioni teoriche astratte. Si tratta comunque di un interesse che ha attraversato tutta la società determinando una ristrutturazione progressiva dei sistemi tecnici: ha agito ("in parallelo" con l' Umanesimo) nella rivolta contro la scolastica, e contribuito poi in modo decisivo - durante la prima "rivoluzione scientifica" - al processo di matematizzazione della natura. Nel quale - semplificando drasticamente - possiamo individuare due fasi. La prima è quella caratterizzata dal naturalismo rinascimentale: per il quale la matematica non è solo una attività dell'uomo, è il linguaggio della realtà. "Numero e ritmo non sono un ordine tirannico imposto alla natura, ma la legge immanente al suo stesso vivere e pulsare, un vincolo interno che è il senso stesso delle cose" (Bibliografia). La filosofia naturale è ancora in parte assoggettata alla matematica (o meglio, alla geometria) che "detta alla fisica quali formule e figure si devono cercare in natura: proporzioni semplici, figure geometriche perfette" (Bibliografia). Il ritmo della natura non è tuttavia regolato solo da numeri e forme matematiche, dalla esattezza: ci sono corrispondenze segrete, analogie, forze qualitative che sfuggono alla ragione calcolante. Ermetismo neoplatonico, magia naturale, alchimia: divinizzando la natura, rendono meritevoli di indagine molti suoi aspetti particolari prima trascurati; fanno sorgere e portano a maturazione tendenze sempre più accentuate verso la trattazione matematica, esatta, di problemi specifici. Ma così il quadro "armonico" tende a scomporsi: "quando i fisici si rivolgono alla matematica con problemi concreti da risolvere per mezzo di una formula o di una figura (non necessariamente la più semplice o la più perfetta dal punto di vista matematico), quando cioè si emancipano dalla "tirannia" della matematica, si mettono in grado di utilizzarne molta di più, perchè cominciano a vederla come un linguaggio, non come un inventario di entità reali" (Bibliografia). Fra i problemi particolari presi in esame quello del moto locale fu di singolare importanza: la sua analisi mise di nuovo in rapporto (sia dal punto di vista del metodo che dei risultati) geometria e movimento, che i greci avevano separato. In questa fase le macchine (ovviamente legate al movimento) conservano, almeno in parte, un carattere simbolico e magico (nel senso "scientifico" di magia naturale). La seconda (che con la prima in realtà lungamente convive) è quella caratterizzata dal rifiuto del dualismo tra fisica terrestre e fisica celeste (indebolito - o comunque reso problematico - con la "rivoluzione copernicana"), e dal prevalere di immagini meccanicistiche della realtà (in quelle di tipo cartesiano viene abolita - per ciò che riguarda il mondo fisico, inclusi gli esseri viventi in quanto organismi spaziali - ogni distinzione tra naturale e artificiale che non sia dovuta a puri ordini di grandezza). "La teoria del moto locale è capace di fondare tutte le altre; l'universo è una grande macchina, un insieme composto da parti in movimento, comprensibile dunque nella misura in cui risulta comprensibile il movimento stesso" (Bibliografia). Come insieme delle sue parti, il mondo è un "teatro di macchine". In questa fase, la macchina "realizza" la matematica, "invera" la matematica: e ciò è stato inteso in due sensi. O la meccanica diventa il fine della matematica (solo artificialmente si può svelare la legge interna che regola il mondo, poichè i sensi ci ingannano), oppure la matematica si giova della meccanica, ne ricava problemi, si rappresenta in essa.

2.7 Le macchine geometrico-matematiche Il piccolo (ma importante) insieme delle macchine geometrico-matematiche gioca qui un ruolo del tutto particolare. L'occhio esercitato di chi le usa può vedere ormai i disegni euclidei come macchine (li mette in movimento); e questo gli suggerisce costruzioni geometriche non ancora pensate, meccanismi di nuovo tipo. La macchina può così precedere la teoria, offrire il superamento pratico di divieti ed ostacoli derivanti dalla tradizione culturale; ma può anche condizionare gli sviluppi della teoria, cambiando significato e funzioni della legge che governa l'oggetto costruito. Poco importa, a questo punto, che la macchina sia reale o mentale. Il processo di "fusione" tra matematica e meccanica è così avanzato, che il destino delle macchine e degli oggetti matematici può essere d'ora in poi comune: al mutare degli apparati culturali, delle "contaminazioni" con realtà "esterne" alla scienza, sia quelle macchine che quegli oggetti (pur conservandosi identici in apparenza quando siano dotati di aspetto sensibile), non hanno più una "natura" stabile: cambiano insieme ai linguaggi (si riducono, tendenzialmente, a puro linguaggio).

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La collezione di Macchine Matematiche II

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3. CLASSIFICAZIONE MODELLI

In previsione di eventuali percorsi espositivi, è opportuno catalogare le macchine fin qui costruite in cinque settori (che presentano tuttavia ampie intersezioni):

I - Geometria delle sezioni coniche

II - Proiezioni e prospettiva

III - Trasformazioni

IV - Curvigrafi

V - Risoluzione meccanica di problemi

3.1. Geometria delle sezioni coniche

Teorie classiche

Un primo gruppo di modelli illustra le teorie classiche di Menecmo (ortotome, oxitome, amblitome) e di Apollonio (parabola, ellisse, iperbole) (si veda anche: teorema di Apollonio): queste differiscono (Bibliografia) per due motivi. Menecmo usa solo coni retti (acutangoli, rettangoli, ottusangoli) ottenuti per rotazione di opportuni triangoli rettangoli attorno a un cateto, e li taglia tutti con piani perpendicolari ad uno dei lati del triangolo assiale (sicchè le diverse coniche giacciono su diversi tipi di cono). Apollonio invece usa un cono generico (obliquo, con direttrice circolare) e tagliandolo con piani diversamente inclinati riesce a collocare su di esso tutte le curve scoperte da Menecmo. I differenti "sintomi" che le caratterizzano sono (sia dall'uno che dall'altro studioso) ricavati sul cono, nello spazio tridimensionale (e ciò qualifica tali curve come "solide"): ma Apollonio li interpreta anche nel piano collegandoli al problema dell'applicazione di aree (Bibliografia) (Bibliografia), e introduce così i termini ancora oggi in uso (ellisse, parabola, iperbole). Nel trattato di Apollonio (l'unico parzialmente pervenutoci) la "natura" delle coniche è poi indagata a fondo: con deduzioni svolte in prevalenza sul piano, usando in modo abile e rigoroso la teoria delle proporzioni, si ricavano a partire dai sintomi numerose altre proprietà. Il linguaggio usato ci rende difficile la lettura: siamo abituati alle abbreviazioni dell'algebra, troviamo fastidiosa la scansione euclidea della prova (enunciazione, rappresentazione, preparazione, dimostrazione, generalizzazione), nozioni per noi ovvie non lo erano affatto allora. Ad esempio: non c'era alcuna consapevolezza del fatto che le tre coniche sono modalità diverse di un unico ente matematico; l'identità tra sezioni del cilindro ed ellissi doveva essere dimostrata (fu acquisita definitivamente solo con qualche difficoltà) (Bibliografia); i due rami dell'iperbole non erano percepiti inizialmente come un'unica curva; occorre prescindere da ogni nozione e/o deduzione fondata sui concetti di proiezione e di simmetria, ecc. Notiamo che i modelli di questo gruppo sono statici: ma noi (guidati da una secolare esperienza) possiamo facilmente trasformarli, per completare le dimostrazioni, in "macchine mentali" alzando o abbassando il piano di base (Bibliografia). (Vedremo che nella seconda metà del '600 De La Hire li sottoporrà a una meccanizzazione ben più profonda, muovendo i primi passi verso il concetto di trasformazione).

Conicografi piani

Un secondo gruppo di modelli contiene macchine (usate in prevalenza dal '500 in poi: ma alcune erano già note ai greci) che servono a disegnare coniche nel piano. Quelle tridimensionali o, come diceva Cavalieri (Bibliografia), di "invenzion solida" sono una meccanizzazione immediata della definizione classica: nessun contenuto nuovo è a questa aggiunto, se non la ricerca dell'artificio tecnico costrittivo destinato a guidare lo "stilo".

Più interessanti, dal punto di vista matematico e storico, quelle di "invenzion piana" che presuppongono la conoscenza esplicita del "sintomo" da utilizzare. La macchina è costruita in modo da ubbidire al "sintomo", che incorpora come propria legge. Ne altera quindi la percezione teorica: giacchè il "sintomo" diviene "operante": governa la macchina, costruisce la conica. Perde il carattere di verità statica, da contemplare dentro all'oggetto dato. E' inoltre una proprietà attiva nel piano: elimina ogni legame della curva col cono di sostegno, mettendo in evidenza come i punti di tale curva devono essere posizionati in un piano rispetto a un sistema di riferimento (parti fisse del meccanismo) che può essere scelto ad arbitrio. Questi "slittamenti teorici" che l'uso del conicografo produce e rafforza, costituiscono uno dei passi necessari alla costruzione futura dell'identità curva-equazione (Bibliografia).

L'interesse di alcuni strumenti non si esaurisce in quanto detto finora. Prendiamo come esempio la macchina del Paciotti, descritta da Muzio Oddi in uno dei suoi trattati sugli orologi solari (Bibliografia).

(Ricordiamo che Oddi, verso la fine del '500 ingegnere ducale alla corte di Urbino, aveva in città una "casa-accademia" in cui trasmetteva ai più giovani conoscenze, informazioni, "exempla"; gli orologi solari entrano nel nostro tema in quanto al variare del tempo - la natura è matematica! - l'estremità di un'ombra solare descrive coniche cioè, come allora si diceva, "curve orarie"). Il meccanismo Paciotti-Oddi consente, mediante spostamenti continui (anche molto piccoli) del "reggitore" di passare dal disegno di una ellisse a quello di una parabola o iperbole: il suo uso mette dunque in luce (in modo indipendente da ogni riferimento diretto allo spazio tridimensionale) sia la natura profondamente unitaria di tali curve, sia l'importanza matematica di un concetto intuitivo come quello di "continuità" o "assenza di interruzioni" che sarà poi largamente usato nel '600. Col lavoro assiduo di molti matematici europei, la teoria delle coniche si evolve in varie direzioni:

a) usando le tecniche e i concetti elaborati dagli artisti e dai geometri che riflettono sulle nuove forme di rappresentazione in piano degli oggetti tridimensionali;

b) riesaminando e semplificando la trattazione di Apollonio (si veda ad esempio la prima parte del trattato di Wallis) (Bibliografia);

c) sfruttando la possibilità che le macchine per disegnare coniche offrono (se usate insieme al "gran trovato" di Cartesio: l'applicazione dell'algebra alla geometria) di sviluppare il discorso, con relativa semplicità, interamente nel piano (riduzione delle coniche a "luoghi piani", poi ad equazioni).

Entro quest'ultima linea di ricerca (di cui uno dei primi esempi notevoli è il trattato di De Witt (Bibliografia) e a cui appartengono i conicografi a filo teso (parabola, iperbole, ellisse) e quelli di De L'Hospital (parabola, iperbole), ellisse iperbole e parabola vengono ancora definite come traiettorie di uno "stilo", pilotato attraverso meccanismi elementari "piani". Però le leggi che guidano lo "stilo" (e che cominciano ad esser scritte mediante equazioni) non coincidono più necessariamente con i "sintomi" classici: può andar bene qualunque altra proprietà nota (la quale si presenta quindi come "punto di partenza" per l'esposizione teorica) purchè traducibile semplicemente in termini meccanici.

Si avvia così un processo (che riguarda più in generale tutti i curvigrafi) in cui i tracciatori di coniche diventano "macchine matematiche" in un triplice senso:

a) "materializzano" una proprietà geometrica dell'oggetto tracciato;

b) possono essere "mentali" (la loro funzione entro il discorso non è legata all'esistenza fisica);

c) dipendono dalla teoria geometrica, quindi sono intimamente correlati (con modalità diverse) alle sue trasformazioni storiche.

Accade infatti che ad ogni nuova "scoperta" teorica si può (spesso) far corrispondere un nuovo strumento (per esempio, e riferendoci sempre alle coniche: alcuni meccanismi che funzionano in "coniugazione ortogonale" sono riproposti anche in "coniugazione obliqua"; il riconoscimento dell'esistenza dei cerchi direttori ha dato origine a conicografi che usano le proprietà del rombo (parabola, ellisse, iperbole); altri congegni usano le curve pedali rispetto a un fuoco (parabola, ellisse, iperbole), ecc.).

Ma accade inoltre che strumenti antichi, noti da tempo (come l'ellissografo a filo teso o quello di Van Schooten), se inseriti in un nuovo discorso teorico strutturato vengano meglio compresi, sottratti alla parziale consapevolezza dell'uso empirico. Qui, come in altri campi, la storia delle cose non coincide sempre con quella delle idee: si capisce meglio - in seguito allo sviluppo della riflessione teorica - ciò che prima si faceva concretamente.

A questo proposito: i trattati di De Witt e di De L'Hospital (Bibliografia) (dove le coniche sono generate come traiettorie del punto di intersezione fra due rette mobili, ognuna delle quali appartiene a un opportuno fascio) fondano un nuovo campo di studio ("geometria organica"), che sarà sviluppato da Newton (in accurate indagini svolte a più riprese) (Bibliografia) e soprattutto da Mac Laurin (con un trattato pieno di macchine mentali) (Bibliografia). Ebbene: alcuni meccanismi di Newton e Mac Laurin (iperbole, parabola, ellisse, angoli variabili, ellisse di MacLaurin), da loro studiati nel piano con metodo analitico, sono meglio interpretabili mediante concetti proiettivi, che si erano sviluppati in modo del tutto indipendente.

Ulteriori sviluppi

Dopo Cartesio, la evoluzione degli studi geometrici non è lineare. I progressi della geometria analitica si intrecciano a quelli della geometria proiettiva; allo sviluppo impetuoso del calcolo letterale non corrisponde l' abbandono (assai più lento) di una strutturazione ancora profondamente geometrica delle tecniche di prova e dei ragionamenti; si registrano frequenti rivalutazioni dei metodi classici, anche a causa di differenze culturali fra i vari paesi (esempio celebre, il trattato di Simson sulle coniche) (Bibliografia). Altrettanto articolato e complesso il rapporto tra matematici, tecnici, macchine. Dal '500 in poi l'ingresso del movimento in matematica è indubbiamente massiccio e irreversibile: matematica e meccanica non sono più separabili. Tuttavia nel corso del '600 (secolo in cui la figura dello scienziato, proprio perchè inizia ad essere consapevole del potere che le conoscenze tecniche conferiscono a tutti gli uomini, perde i caratteri di "personalità eccezionale" che aveva conservato nel '500) i matematici "puri" tendono a specializzarsi; quindi, considerano sempre più spesso "meccanismi mentali", rinviando ai tecnici la soluzione delle difficoltà derivanti dalla scarsa precisione di quelli concreti, e usando questi ultimi più per ricavarne stimoli teorici che per la loro pratica utilità. D'altra parte anche i tecnici cominciano ad avvertire (ancora in modo non drammatico, ma sempre più evidente mano a mano che la produzione evolve abbandonando la fabbricazione di "esemplari" unici, destinati alla conservazione o allo svago) le insufficienze derivanti dalla preparazione manuale dei vari "pezzi" di cui lo strumento è composto. Così possiamo trovare sulla valutazione delle macchine (in particolare dei conicografi) punti di vista addirittura opposti. Il primo brano qui di seguito citato si trova nel discorso X� della "Diottrica" di Cartesio (1637) (Bibliografia) (descrizione della macchina utensile per lenti iperboliche sulla quale esiste anche una corrispondenza tra Cartesio e Ferrier, famoso tecnico parigino che costruiva soprattutto strumenti matematici); il secondo si trova in uno dei trattati sulle coniche scritti dal De La Hire: quello del 1679, destinato a un pubblico non specialista (Bibliografia).

Cartesio: Dopo aver descritto come tracciare per punti una iperbole con riga e compasso, così prosegue: "Questo procedimento per punti non sarà forse improprio per costruire in modo grossolano qualche modello che rappresenti approssimativamente la forma delle lenti che vorremmo tagliare. Per dare però ad esse esattamente questa forma è necessario inventare qualche altro strumento per mezzo del quale sia possibile descrivere iperboli d'un sol tratto, come si descrivono cerchi con il compasso. E non ne conosco alcuno migliore del seguente..."

De La Hire:"Le descrizioni di linee curve fatte nel piano attraverso il movimento continuo di un punto pilotato da macchine sono così soggette ad errore che basta servirsene una sola volta per restare definitivamente scoraggiati; io sono quindi convinto che per tracciare queste linee convenga cercarne - attraverso qualche procedimento semplice - un gran numero di punti: congiungendo i quali si otterrà la linea desiderata. Siccome spesso occorre soltanto un piccolo arco di tale linea, si potrà collocare in questo spazio ristretto un numero di punti così elevato da rendere trascurabile l'errore commesso congiungendoli...."

La ripresa ottocentesca della teoria tridimensionale

Un ultimo gruppo di modelli illustra i teoremi di Dandelin sulle coniche (ellisse, iperbole, parabola). Si noti intanto che questo autore riprende il punto di vista dei greci: cioè ricolloca iperbole, ellisse e parabola sul cono, trovando nuovi risultati. (Nell'evoluzione del pensiero scientifico, una linea di ricerca non è mai abbandonata solo perchè ormai infruttuosa o esaurita: ci sono sempre anche ragioni "esterne" che allontanano da essa l'attenzione degli studiosi. Del resto anche prima di Dandelin lo studio delle coniche "nel cono" ha prodotto risultati nuovi: ad il teorema sul "lato retto" di J. Bernoulli (1689) al quale egli premette questa breve nota: "E' sorprendente, su un argomento così a lungo studiato dagli antichi e dai moderni, rilevare ancora qualcosa che è sfuggito alla loro attenzione, come la seguente proprietà, del tutto generale....") (Bibliografia).

Mostrandosi ancora legato, per alcuni aspetti, alla cultura matematica del '700, Dandelin (che scrive nel 1822) (Bibliografia) fa, nei suoi ragionamenti, un uso sistematico dell'intuizione e del principio di continuità; inoltre, meccanizzando (mentalmente) lo schema grafico di riferimento, genera un' interessante famiglia di curve piane continue ("Curve Focali" : già prese in considerazione dal Quetelet e da altri), e ne studia le proprietà. Possiamo qui trovare conferma ad alcune precedenti osservazioni:

a) è possibile, usando le indicazioni del Dandelin, costruire nuove macchine per tracciare le curve focali

b) i procedimenti meccanici noti per la generazione di tali curve - citiamo qui come esempio la squadra di Newton - possono essere ora riconsiderati in un quadro teorico diverso e più vasto.

3. 2. Proiezioni e prospettiva.

Prospettografi Quando Durer fece il suo secondo viaggio in Italia (1506) "dopo incisioni come Natività e xilografie come Presentazione non aveva bisogno di alcun insegnamento prospettico per quel che riguarda la sua applicazione pratica" (Bibliografia). Ma la conoscenza teorica della disciplina, il suo aspetto dottrinario era un "segreto" non ancora divulgato da testi stampati ad alta diffusione. E' noto infatti che i trattati del '400 (opera quasi sempre di artisti, "pionieri" entusiasti della nuova tecnica) anche se abbastanza noti in Italia nella cerchia degli "addetti ai lavori", ebbero pubblicazione a stampa assai tardiva (per es. quello dell'Alberti nel 1540, quello di Piero della Francesca nel 1899, gli "appunti" di Leonardo nel 1651, ecc.). I primi due testi prospettici stampati (Pomponio Gaurico, "De sculptura"; J. Pélerin Viator, "De Artificiali Perspectiva") erano appena usciti (Bibliografia). Il Durer dunque cercava in Italia una teoria rigorosa della prospettiva; il risultato dei suoi studi (e degli incontri con alcuni maestri) fu condensato in alcune pagine e in quattro celebri illustrazioni dedicate all'argomento nel "Underweisung der Messung", iniziato verso il 1515 e pubblicato nel 1525.

Le quattro "macchine" del Dürer (finestra, sportello, strumento del Keser, griglia) sono riprodotte in un primo gruppo di strumenti che possiamo qualificare come mezzi meccanici per l'imitazione della realtà; mentre un secondo gruppo contiene strumenti che dipendono dalla teoria geometrica e non potrebbero sussistere senza di essa. Questa distinzione, a cui già abbiamo accennato, nel caso del disegno prospettico è particolarmente evidente. Sui modelli del pirmo gruppo osserviamo:

- Le variazioni tecniche che distinguono uno strumento dall'altro sono rivolte al superamento di difficoltà pratiche e al raggiungimento di livelli di "automatismo" crescenti nella produzione dell'immagine; è stato tuttavia osservato che, all'inizio del secolo XVII, le "macchine" del Cigoli e dello Scheiner "definirono effettivamente i tipi principali di strumenti automatici per la prospettiva, e tutti gli strumenti successivi possono essere posti più o meno direttamente in relazione con tali precedenti" (Bibliografia).Inoltre, malgrado l'aumento di "raffinatezza meccanica", dispositivi di questo tipo diventano gradualmente e inevitabilmente obsoleti perchè le camere oscure (e in seguito le camere lucide ) offrono risultati più completi e precisi.

- L' "invenzione" degli strumenti per la prospettiva è collegata alle tecniche medievali di rilevamento delle lunghezze, larghezze, altezze, ecc. Ma in essi "sopravvive" a lungo l' "aura magica" che avvolgeva senza dubbio quello del Brunelleschi (il primo documentato) (Bibliografia) con cui venivano illusionisticamente riprodotte alcune vedute di Firenze. Scheiner ci informa ad esempio che il prospettografo da lui riscoperto (praticamente coincidente con quello di Gregorius) (Bibliografia) era da questi considerato (siamo nei primi decenni del '600) "non tanto un'invenzione umana, quanto una ispirazione divina, che egli riteneva essergli stata portata e rivelata non tramite gli sforzi umani, ma da qualche genio celeste". Valutazione legata al fatto che l'impiego (soprattutto a livello "dilettantesco", a scopo di gioco e divertimento) di prospettografi meccanici non implica alcuna chiarezza sulle proprietà geometriche che regolano il passaggio dallo spazio al piano (in particolare sul rapporto tra posizione dell'occhio e "punti di distanza"): chiarezza che per altro lo stesso Durer (insieme a molti altri trattatisti del '500) non possedeva in modo completo.

- C'è una abissale distanza tra un quadro in cui si fa uso della prospettiva e gli schemi grafici ottenibili per via meccanica. Anche limitandosi alle pure competenze tecniche, le abilità che un pittore deve possedere vanno ben al di là di quelle necessarie a costruire la base ottico-geometrica della sua composizione. E' accaduto quindi che i prospettografi siano stati poco usati, e in modo discontinuo e occasionale, dagli artisti di professione, specie i maggiori. Erano più diffusi tra i curiosi, gli esecutori di incisioni, tarsie, decorazioni, tavole dimostrative o "esemplari", gli scenografi e costruttori di "gabinetti" ottici, i tecnici di alcuni cantieri civili o militari, ecc. Da questi ambienti proviene la maggior parte della richiesta di ricette semplici, di spiegazioni che non facciano ricorso ad astrusi apparati matematici. La ricerca sulla prospettiva progressivamente si distacca dal clima appassionato di "fusione" tra arte, magia naturale, geometria, ottica e strumentazione esatta in cui era iniziata; si isola e si specializza giungendo a formulare, in relativa autonomia, un proprio apparato concettuale e teorico.

- In tale processo, il '500 è un secolo di "svolta": i numerosi trattati di prospettiva pubblicati in quegli anni lo rivelano con chiarezza. Ci sono infatti testi "facili" (grafici, descrittivi, prescrittivi) destinati ai pratici (Bibliografia), testi "difficili" (solo matematici) (Bibliografia), testi che tentano una mediazione (non rinunciano al rigore matematico, ma si preoccupano della chiarezza, delle esigenze di una utenza "allargata"). (Bibliografia) "In questa alternanza di opere "facili" e "difficili", al limite dell'empirico le prime ed in qualche caso effettivamente tali, al limite dell'astruso le seconde e comunque sempre tendenti verso l'astrazione concettualmente rigorosa, ma praticamente ardua da comprendere, si può sintetizzare il dramma vissuto dagli studiosi di teoria prospettica di un secolo che deve essere considerato ponte tra l'entusiasmo talvolta caldo, tal'altra intellettualmente compassato degli inventori, tutti artisti con forti simpatie per la scienza, e la distaccata oggettivazione dei codificatori, tutti scienziati solo raramente solleciti verso le esigenze dell'arte, quattrocentisti i primi e secentisti i secondi" (Bibliografia).

Dai prospettografi al concetto di trasformazione

Il secondo gruppo di modelli documenta alcuni passaggi dell'itinerario teorico-empirico che attraverso gli studi di prospettiva "artificiale" ha contribuito (ristrutturando la teoria delle coniche) alla genesi del concetto di trasformazione.

- Uno stretto collegamento tra la manipolazione di strumentazioni meccaniche e il teorema di Stevin (parabola, ellisse, iperbole, fascio di rette, figure poligonali piane, prospettività tra rette incidenti) (Bibliografia) si ricava chiaramente dal linguaggio che egli impiega nell'enunciato: "Se il quadro ruota attorno alla linea di terra e se lo spettatore ruota nello stesso senso attorno al proprio piede conservandosi sempre parallelo al quadro, la prospettiva non verrà turbata e sussisterà anche quando il quadro risulterà rovesciato sul piano orizzontale" (si suppone che le figure corrispondenti e guardate dall'occhio dello spettatore siano entrambe piane). Il "movimento di Stevin" è usato dal De La Hire (circonferenza in parabola) per "appiattire" un cono obliquo (trasportandovi anche le sezioni tracciate su di esso) nel piano della sua base circolare: le coniche appaiono così "trasformate" di questa circonferenza-base (le generatrici del cono diventano rette di un fascio, ognuna delle quali congiunge una coppia di punti corrispondenti) (Bibliografia). E' importante osservare che allo stato nascente il concetto di trasformazione appare sempre come corrispondenza tra i punti di due figure particolari (non viene mai coinvolto "globalmente" - almeno in modo esplicito - l'intero piano), e che è di solito strettamente collegato alla rappresentazione intuitiva di un movimento "continuo": solo molto più tardi viene schematizzato in modo "statico" (corrispondenza puntuale tra piani sovrapposti caratterizzata da assiomi). Si sa per altro che in larga parte della geometria contemporanea il linguaggio simbolico e l'apparato concettuale che lo controlla tendono ad espellere, o a respingere in uno sfondo sempre più remoto, tutte le immagini figurali e cinetiche.

- Fra gli scopi di una teoria matematica della prospettiva ( in parte a causa delle più volte ricordate pressioni provenienti da contesti economico-produttivi: architettura, cartografia, genio militare, idraulica ecc.) c'è anche quello di raggiungere un massimo di semplicità e "automaticità" nel tracciare la "trasformata" di una figura piana qualsiasi. A tale problema (nel secolo precedente, se lo era già posto Desargues) le macchine del Lambert (prima, seconda) danno (almeno concettualmente) soluzione "in piano". Sono notevoli non tanto per la loro utilità (troppo ingombranti e poco precise), quanto perchè rivelano il ruolo che il meccanicismo settecentesco (dominato- come per altro tutta la matematica dell'epoca - dalla idea di continuità e regolarità) ha avuto anche nella definizione delle proprietà di quella trasformazione che noi oggi chiamiamo omologia. Citiamo, dalla esposizione del Lambert, questo passaggio: "Si sa che è tecnicamente possibile realizzare attraverso macchine ogni movimento che sia regolare, o costantemente uniforme, o si ripeta sempre a intervalli regolari. Esaminiamo allora se un tale movimento si instaura nel momento della proiezione di un piano in prospettiva" (Bibliografia). E' chiaro il carattere operativo-geometrico-strumentale di questo esame: da esso, e dai lavori di Taylor, (Bibliografia) prenderà avvio il successivo processo di algebrizzazione e formalizzazione della teoria.

Macchine "analoghe" a quelle del Lambert sono state progettate e proposte fino alla fine del XIX secolo; ricordiamo ad esempio il prospettografo Fiorini (1891), che ebbe qualche fortuna (Bibliografia).

Anamorfosi

Un terzo gruppo di modelli è dedicato alle anamorfosi.

Gli storici hanno ampiamente analizzato i rapporti tra la produzione di immagini anamorfiche, gli inizi del manierismo in pittura, la passione per gli automi, il pensiero cartesiano. E' noto che il giovane Cartesio si dilettava alla costruzione di "giardini d'ombre"; gli studiosi del Convento dei Minimi aParigi (Mersenne, Niceron, Maignan ecc.) legati in vario modo a Descartes, svilupparono ampie ricerche su queste prospettive strane e meravigliose (Bibliografia). Qui ci basta avere accennato a questa complessa rete di nessi.

Da un punto di vista matematico, le anamorfosi ottenute per proiezione non aggiungono nulla a quanto già noto dallo studio delle prospettive regolari; si tratta di un impiego "esasperato" di leggi che rimangono identiche. Semmai, si accentua (in mancanza di algoritmi formalizzati) la necessità di ricorrere a procedimenti empirici: e infatti molte strumentazioni "ad hoc" vengono studiate e realizzate (Bibliografia). Diverso è il caso delle anamorfosi ottenute con superficie riflettenti (cilindriche, coniche o piramidali). Le situazioni che si presentano sono nuove, mai analizzate prima, irte di difficoltà. Rinviando alla documentazione raccolta in (Bibliografia), (Bibliografia) ci limitiamo a sottolineare due fatti che legano i modelli di questo gruppo ad altri presenti nella raccolta:

- Le lumache di E. Pascal sono utili per produrre anamorfosi per riflessione (specchio cilindrico);

- Il "vecchio" pantografo di Scheiner, opportunamente modificato, può tracciare figure anamorfiche che si "svelano" quando siano riflesse (in condizioni opportune) da uno specchio conico (M. Parrè, 1973).

3. 3. Trasformazioni

Uno dei principali eventi che hanno contribuito alla centralità del concetto di trasformazione nel pensiero geometrico del XIX� secolo è stato il costituirsi della geometria proiettiva come campo di indagine autonomo e organico. Fin dai primi studi (dovuti a Desargues, Pascal, De La Hire, ecc.) l'invarianza per proiezione di alcune proprietà delle configurazioni geometriche considerate si lega (in modo implicito o dichiarato) sia a problemi pratici, sia al movimento e (quindi) alla nozione di continuità. Fra le numerose linee di ricerca che confluiscono verso la teoria delle trasformazioni (e dei gruppi di trasformazioni) se ne possono citare alcune in cui il rapporto col movimento e con i sistemi tecnici è stato importante: ricordiamo i lavori di Bravais sulla struttura dei cristalli; la "Memoria sui gruppi di movimenti" di Jordan; i rapporti tra geometria affine ("scoperta" da Euler) (Bibliografia), meccanica delle deformazioni e calcolo baricentrico; gli studi di Helmholtz e S.Lie sul moto dei corpi rigidi (Bibliografia), (Bibliografia), (Bibliografia). Ad un livello più elementare, ma non meno significativo, va ricordato inoltre che le isometrie (in quanto collegate a movimenti rigidi particolari) hanno giocato un ruolo essenziale (anche se non sempre esplicitato) in geometria, da Euclide in poi: il fatto che esse formino un gruppo è stato utilizzato implicitamente ben prima che la nozione astratta di gruppo fosse messa in luce con chiarezza.

Nel XIX� secolo, l'ingegneria meccanica divenne una delle tecnologie dominanti: e poichè, nella costruzione di macchine, sistemi articolati e biellismi sono di fondamentale importanza in quanto realizzano la trasmissione dei movimenti, per questo scopo su di essi, almeno inizialmente, si concentrò l'attenzione. D'altra parte gli apparati teorici astratti (i quali, - malgrado tutti gli agganci "concreti" che è possibile reperire - si formano pur sempre in molti loro aspetti per vie "interne", come pure invenzioni dell'intelletto) hanno il potere di rinnovare o cambiare lo sguardo che osserva e descrive la realtà. Così apparve ben presto che la teoria delle trasformazioni e degli invarianti poteva essere utile per l'analisi e la progettazione delle macchine. Emerge anche qui un "doppio legame" su cui torneremo ad insistere: esistono meccanismi utilizzati in passato che contengono, allo stato nascente, proprietà spiegabili in modo completo solo quando la teoria delle trasformazioni è sufficientemente evoluta; ne esistono invece altri inventati e costruiti proprio grazie all'uso delle nuove teorie. (Di ciò sono esempi semplici e immediati il pantografo di Scheiner e l'inversore di Peaucellier).

Lo studio dei sistemi articolati e dei biellismi non ha ancora perduto interesse: in matematica è oggi legato a ricerche di geometria algebrica, in ingegneria è importante per controllare alcuni movimenti nei robot (Bibliografia).

Sistemi articolati per trasformazioni

- Una parte dei modelli illustra elementarmente le più semplici trasformazioni puntuali lineari piane (isometrie, stiramenti, omotetie). I punti corrispondenti sono rappresentati da un "puntatore" e da un "tracciatore", entrambi con due gradi di libertà. I sistemi articolati contengono solo coppie di rotazione; invece i biellismi contengono anche coppie prismatiche (cursori entro scanalature).

- Gli strumenti di questo tipo dovrebbero essere considerati - in generale - come "organi" di macchine, come "pezzi" da assemblare per costruire meccanismi più complessi (si osservino quelli che illustrano la composizione di trasformazioni); alcuni però si possono decomporre a loro volta in parti più semplici: per es. il traslatore del Kempe deriva dall'accoppiamento di due "compassi" di Van Schooten (chiamiamo "compasso" di Van Schooten quello che realizza l'identità: puntatore e tracciatore coincidono).

- Mettendoli a confronto, qualcuno di essi può apparire come "particolarizzazione" o "generalizzazione" di un altro. Per esempio: il pantografo di Sylvester per le rotazioni è una generalizzazione di quello che realizza la simmetria centrale, ma caso particolare di quello che produce rotoomotetie.

- Sono meccanismi di "portata locale", con vincoli fisici ben precisi: mettono cioè in corrispondenza regioni piane limitate, di cui possiamo - caso per caso - individuare la forma (nella concettualizzazione astratta, la corrispondenza è invece estesa a tutto il piano, assume carattere "globale"); la corrispondenza tra le regioni trasformate non ha rapporti diretti col movimento (senza tempo e senza nome preciso) che la genera; le proprietà fondamentali della trasformazione si possono ricavare per via empirica, ma dovranno essere poi rigorosamente dimostrate. Queste tre caratteristiche risultano particolarmente vantaggiose nella costruzione di un percorso didattico.

Genesi spaziale delle trasformazioni piane

Altri modelli attirano l'attenzione sulla "solidarietà" che esiste tra spazio euclideo tridimensionale e piano ("completati" con gli elementi impropri), su alcuni aspetti della "alleanza intima e sistematica tra le figure a tre dimensioni e le figure piane" (Bibliografia) Si può ad esempio chiarire il rapporto tra inversione o polarità a base circolare e proiezioni stereografiche; mostrare che le omologie affini possono essere interpretate come un modello matematico che schematizza (nel piano) la formazione di opportune ombre solari; che omotetie e traslazioni sono collegate alla proiezione (da un centro proprio nel caso delle omotetie, improprio nel caso delle traslazioni) di un piano su un altro ad esso parallelo, ecc. (Bibliografia). (traslazione, omotetia 1, omotetia 2, omotetia 3, stiramento, omologia affine equiv., omologia affine generica) Ricordiamo ancora che nell'uso dei modelli di questo tipo (così come accade in quelli che illustrano il teorema di Stevin) quando dalle prospettività tra due piani distinti si passa (per rotazione di uno di questi attorno all'asse) alla trasformazione subordinata, occorre fare ricorso a principi di continuità.

3.4. Curvigrafi

Abbiamo già preso in considerazione qualche conicografo: si fa ora riferimento a curve algebriche di grado qualsiasi e a curve trascendenti. L'argomento è vastissimo, in pratica inesauribile; interessante perché (a parte ogni considerazione di carattere estetico) lo studio delle curve si è storicamente configurato come un terreno di esercizio estremamente fecondo per la formazione di molti concetti fondamentali (sia in geometria che in analisi) e l'invenzione di importanti algoritmi (connessi per es. a problemi di quadratura e rettificazione). Poche note basteranno comunque a fornire una guida per la lettura dei modelli e una prima base per ulteriori riflessioni (Bibliografia), (Bibliografia).

Strumenti che 'incorporano' proprietà

Per generare meccanicamente, con moto continuo, archi di una curva determinata è possibile sfruttare qualche sua proprietà "incorporandola" direttamente nello strumento. Ma in tal modo, se è vero che "in matematica, esaminando tutte le proprietà di una curva, si trova che non sono altro che una stessa proprietà ripresentata sotto diversi aspetti" (Bibliografia) i vari strumenti che disegnano la medesima curva si dovranno considerare (riconoscere) "equivalenti": caratterizzeranno nel loro insieme la "natura" dell'oggetto tracciato. (La convinzione, ereditata dalla geometria classica, che gli oggetti matematici possiedano una "natura" entra in crisi esplicita solo nell'800: il computer può disegnare tutte le curve proprio in quanto, considerandole come "grafici" di una relazione numerica tra insiemi, prescinde da qualunque loro specifica proprietà).

Strumenti che trasformano una curva

- Una curva può inoltre essere ottenuta applicando ad un'altra, già tracciata, opportune trasformazioni. Se ad esempio in un sistema articolato o biellismo scelto tra quelli raggruppati nel settore III�, si vincola il puntatore a una traiettoria determinata, il tracciatore genera la traiettoria trasformata. In questo modo si è riusciti a risolvere qualche problema relativo al disegno di curve - fra gli altri, quello della "guida rettilinea" (primo strumento di Kempe, secondo strumento di Kempe, primo strumento di Hart, secondo strumento di Hart) per il quale si avevano (negli anni precedenti l'invenzione di Peaucellier) soltanto risposte approssimate (Bibliografia), (Bibliografia) - e a spiegare su basi teoriche più ampie e complete il funzionamento di strumenti già in uso. Si può documentare anche il processo inverso: lo studio dei curvigrafi ha contribuito alla scoperta di biellismi per trasformazioni.

- Ci sono anche numerose altre tecniche meccanizzabili per ricavare nuove curve da curve già note. Di queste, è possibile ad esempio considerare la podaria rispetto a un punto (parabola, ellisse, iperbole), le isottiche (parabola, ellisse) ed ortottiche (parabola, ellisse), le evolute ed evolventi. Oppure, si può ricorrere al movimento relativo di due piani pilotato da profili curvilinei che rotolano uno sull'altro senza strisciare (epicicloidi, ipocicloidi, cicloidi, ecc.). Nell'800 questi studi (legati, come quelli sui sistemi articolati, allo sviluppo dell'ingegneria meccanica) hanno dato nuovo impulso alla geometria del movimento (analisi dei moti "senza tempo") le cui radici storiche si rintracciano nell'opera di Cartesio e nelle successive ricerche di Geometria Organica (Bibliografia), (Bibliografia), (Bibliografia), (Bibliografia).

Le macchine "mentali"

Pur non essendo possibile (per ovvie ragioni) esibirne modelli, dobbiamo ancora una volta sottolineare l'importanza che nelle indagini geometrico-meccaniche hanno le "macchine mentali". Alcuni dei risultati più belli ottenuti in questo campo fanno infatti riferimento a meccanismi non riproducibili, dei quali però quelli concreti costituiscono casi od "organi" particolari, ricavando in questa interpretazione maggior ricchezza di senso. Citiamo i seguenti:

Teorema di De La Hire-Cauchy: "Qualunque curva piana può considerarsi come una trocoide o "roulette": ossia come generata da un punto vincolato a una curva piana che rotola senza strisciare su un'altra curva piana" (Bibliografia) (Bibliografia).

Teorema di Mac Laurin: "Se un poligono, di forma variabile, si muove in modo che tutti i suoi lati passino rispettivamente per altrettanti punti fissi assegnati e tutti i suoi vertici tranne uno percorrano curve algebriche rispettivamente di grado m, n, p, q ... il vertice libero traccerà una curva algebrica di grado 2mnpq...., ma di grado metà (mnpq...) qualora i punti fissi siano allineati" (Bibliografia).

Teorema di Kempe-Koenigs: "Qualunque curva algebrica piana (di grado n qualsiasi) può essere descritta mediante un sistema articolato" (Bibliografia).

Esplorazione di curvigrafi

Due attività complementari dovranno essere svolte da chi esamina i curvigrafi.

- In primo luogo, occorre confrontarli con attenzione per rilevare le equivalenze (spesso riposte. Una medesima curva si può caratterizzare (rispetto ad altre) in numerosi modi distinti. Per esempio, la ellisse è trasformata della circonferenza in una omologia affine (biellismo del Delaunay), ma può essere considerata anche come ipocicloide (De la Hire); le "lumache" del Pascal sono concoidi a base circolare (il polo è sulla base), oppure podarie di una circonferenza, o trasformate delle coniche in una inversione circolare (centro d'inversione in un fuoco della conica) e così via. Un altro esempio: l'ellissografo di Hart appare (ad un attento esame) identico a quello di Van Schooten: essi sono in realtà identici; quest'ultimo può inoltre essere considerato caso particolare di un sistema biella-manovella, ed è in tutto equivalente all'ellissografo che utilizza il moto relativo di due piani su guide ortogonali fisse, ecc. Il confronto mostrerà anche la presenza costante, in molti strumenti, di parti costituite da figure geometriche elementari e ben note (come squadre, rombi, parallelogrammi ...) che sono però "articolate" o "messe in movimento": è sorprendente constatare come questa semplice "aggiunta cinetica" allarghi le possibilità di impiego delle loro principali proprietà, le trasformi in organi estremamente versatili.

- In secondo luogo (e ciò vale per tutti i modelli della raccolta, non solo per i curvigrafi) si dovrà ricordare che ognuno di essi ha una "biografia" che in parte coincide con quella dell'oggetto matematico collegato: abbiamo già più volte messo in rilievo che se quest'ultimo, col passare del tempo, viene "schematizzato", pensato, descritto in modi diversi (diversamente allocato all'interno di costruzioni teoriche) cambiamenti analoghi possono prodursi nella progettazione-realizzazione dello strumento (o nella sua interpretazione quando ne resti invariato l'aspetto visibile-concreto). Riconsideriamo (a titolo d'esempio) l'ellissografo di Van Schooten. Già nota ai greci (secondo quanto riferisce Proclo nel commento al primo libro di Euclide), la proprietà in esso "materializzata" (se una retta, sulla quale è assegnato un segmento, si muove in modo che gli estremi del segmento percorrano altre due rette fissate nel piano, ogni altro punto della prima retta descrive una ellisse) è rintracciabile, per il caso di due rette fisse ortogonali, in Guidubaldo Del Monte (Bibliografia) e in S. Stevin (Bibliografia); per il caso di due rette qualunque, in J. De Witt e in Ph. De La Hire (Bibliografia), (Bibliografia); quest'ultimo descrive anche - in collegamento con la medesima proprietà - la generazione dell'ellisse come ipocicloide. I successivi studi di Cauchy, Chasles, Mannheim, Hart ecc. hanno perfezionato la conoscenza delle proprietà geometrico-meccaniche che fondano questo celebre cinematismo e ne consentono le numerose versioni. Particolarmente interessante è la biografia delle curve trascendenti (e, quindi, delle macchine per tracciarle). Oggetto di numerosi "divieti" (Aristotele, Cartesio i nomi più famosi), sono sempre state assai studiate dai matematici, e hanno giocato un ruolo importante nello sviluppo dell'analisi. Ci limitiamo qui a consigliare due letture: per la cicloide il lavoro di S. Tessieri (Bibliografia); per la spirale di Archimede, il paragrafo dedicato in (Bibliografia) a "Costruzione e metabasi, matematizzazione e meccanizzazione".

3.5. Risoluzione meccanica di problemi

In quest'ultimo settore c'è qualcosa di arbitrario, in quanto moltissimi altri meccanismi della collezione (non inseriti qui) potrebbero essere considerati "solutori di problemi". Ma (a parte il fatto già ricordato che fra i vari settori presi in considerazione ci sono ampie intersezioni, sicchè le osservazioni fatte per ognuno di essi possono talvolta essere estese anche agli altri), ci siamo lasciati guidare (insieme o separatamente):

a) dalla importanza storica del problema affrontato (per esempio, le ricerche sulla trisezione dell'angolo e sulla quadratura della circonferenza sono durate per secoli, e si sono concluse solo in tempi abbastanza recenti) (Bibliografia);

b) dalla risonanza che il problema ebbe nell'epoca in cui fu posto: ciò vale ad esempio per l'inserzione di medi proporzionali, che ha condotto al mesolabio e al rettangolo di Platone (qui presentato nella versione semplificata del Durer), e per il problema di Alhazen;

c) dalla possibilità di considerare lo strumento proposto come "capostipite" d'una serie di meccanismi via via più "evoluti" destinati al medesimo scopo. Ciò accade per gli squadri del Bombelli (prima, seconda) (ricerca di radici reali nell'equazione di terzo grado); per il "bacolo" di Euclide(strumento di misura che, visto il modo in cui vi interviene la teoria della visione, prepara il terreno alla invenzione dei prospettografi); per i compassi di proporzione (che hanno dato origine a strumentazioni finalizzate al calcolo grafico e astronomico o alla cartografia); per l'addizionatore di Emch.

d) dalla loro capacità di rappresentare un'atmosfera culturale (è il caso dei lavori del Suardi (cissoide, concoide, altre concoidi), nobile dilettante nella provincia italiana del '700).