Ombre e omotetie (genesi delle omotetie)

Consideriamo adesso due piani paralleli π e σ. Il piano π sia proiettato su σ da un centro proprio Σ. Ad ogni figura giacente su π ne corrisponde un'altra appartenente a σ che si può considerare come ombra della prima, prodotta da una sorgente luminosa puntiforme in Σ.

Nel modello fisico, i raggi luminosi sono rappresentati da fili tesi ed i punti corrispondenti sono collegati dal medesimo raggio (filo). I raggi (fili) convergono in Σ; la retta luogo di punti uniti è impropria: nella prospettività fra i due piani si conservano dunque parallelismo e direzioni. Non si conservano le distanze, ma due segmenti corrispondenti qualsiasi hanno rapporto costante.

Girando una manovella, i piani π e σ possono sovrapporsi: affinché i fili rimangano tesi lungo linee rette durante il movimento (cioè le ombre restino invariate), occorre che anche la sorgente Σ si avvicini ai due piani, adagiandosi infine su di essi (cf. teorema di Stevin).

In questo caso diremo che π è trasformato nel piano sovrapposto σ mediante una omotetia di centro Σ. Le proprietà precedentemente elencate sono ancora valide.