Coniche nello spazio a tre dimensioni: MACCHINA DI CARTESIO

Nelle opere matematiche di Cartesio prevalgono le macchine "mentali", destinate a un uso concettuale, inserite nel discorso teorico con funzioni del tutto indipendenti da una eventuale esistenza fisica: è evidente che l'autore non ha mai pensato alla loro concreta realizzazione, che risulterebbe comunque in molti casi difficoltosa o impossibile. Nel discorso X della "Diottrica" (e in un carteggio del 1629 con Ferrier, celebre tecnico parigino costruttore di strumenti matematici) Cartesio descrive invece una vera e propria macchina utensile (fig.), pensata e progettata per un uso pratico: la costruzione di lenti iperboliche (le quali, impiegate in apparecchiature ottiche, avrebbero evitato le aberrazioni di sfericità). Ne abbiamo qui riprodotto il "pezzo" centrale, che muove le lame destinate al taglio delle sagome di legno (con profilo iperbolico) necessarie per levigare i vetri. Anche qui (come nel compasso perfetto) viene utilizzata la definizione di Apollonio (caso particolare: cono retto e piano secante parallelo all'asse del cono): la curva è infatti ottenuta intersecando due rette che si muovono nello spazio: una descrive la superficie conica, l'altra il piano secante. La traiettoria del punto di incontro viene trasmessa alle lame (o - come nell'apparecchiatura esposta - a un tracciatore).

 


fig.: R. Descartes, La dioptrique, 1636.