Prospettografi tridimensionali: PANTOGRAFO DELLO SCHEINER

"Nell’introduzione al suo Pantographice seu ars delineandi del 1631 Scheiner racconta la vicenda che stava dietro l’invenzione del suo strumento. Nel 1603 a Dillingen, un certo Mastro Gregorius, un pittore eccellente, si vantava con Scheiner di aver inventato uno strumento per disegnare, ma rifiutava in modo irritante di divulgarne i segreti. Provocatoriamente, Gregorius diceva di "non credere che una tale cosa potesse perfino essere immaginata; infatti quella non era tanto un’invenzione umana, quanto un’ispirazione divina, che egli riteneva essergli stata portata e rivelata non tramite gli sforzi umani, ma da qualche genio celeste". Quanto avrebbe rivelato a Scheiner era che il suo strumento si basava sull’uso di compassi con un centro fisso. Eccitato dalle possibilità, Scheiner si mise all’opera per conto proprio e dopo un periodo di intensi tentativi produsse uno strumento (fig.) di grande ingegnosità e di vasta utilizzazione, per copiare, ingrandire e ridurre i disegni, per rappresentare gli oggetti in prospettiva, e per la produzione di composizioni anamorfiche". (Tratto da Kemp, La Scienza dell’arte, Giunti 1994). Il quadro è diviso in due parti: la prima è un rettangolo vuoto (o "cavo", come allora si diceva); la seconda sorregge il foglio su cui apparirà l’immagine, la quale non è altro che l’ingrandimento (operato dal pantografo: vedi sezione terza) della immagine virtuale ("specie intenzionale") che il rettangolo cavo intercetta sul cono visuale: ingrandimento tanto più necessario quanto più l’oggetto è lontano (in tal caso la immagine sezione è infatti prossima al vertice del cono). 

fig. da C. Scheiner, S. J., Pantographice, Roma 1631.